Come (non) diventare un content creator
Perché ha senso smettere di fare quello che fanno tutti e scendere dalla ruota del criceto.
C’è una parola che riempie la mia vita, nel bene e nel male: i “contenuti.”
Cosa mai voglia dire questa parola, in senso universale, è difficile a dirsi.
Se lo chiedessi a mia madre o mio padre forse non risponderebbero nell’accezione contemporanea della parola.
Anche perché, diciamoci la verità, oggigiorno la parola “contenuti” vuol dire davvero tante, troppissime cose.
Questa newsletter è un contenuto, un post su Linkedin è un contenuto, così come lo è un video su YouTube o un reel su Instagram.
“Faccio contenuti” vuol dire tutto e niente.
Per una persona che cerca di farne materia di studio, questo è frustrante, a volte sembra di parlare del nulla.
Quando dico che “mi occupo di contenuti” sento un brivido lungo la schiena che è a metà tra il cringe, il senso di colpa e una rivincita.
Al primo punto del mio manifesto ho scritto:
1.Il mio obiettivo è ridare un senso alla parola “contenuti”, ormai svuotata di significato: è prima di tutto una forma di espressione di valori, pensieri, concetti. La strategia è il passo successivo.
Ecco, onorare quotidianamente questo punto è maledettamente difficile almeno quanto lo è fare i conti e convivere in un contesto digitale in cui ognuno di noi è un content creator.
Cosa ci spinge a creare contenuti o, più in generale, a esporci nel mondo online?
Credo che principalmente i motivi siano 3:
Provare a creare un mondo simile a noi per renderci autonomi dalle dinamiche imposte dagli altri (lavoro, piramide sociale, obblighi)
Ricevere una validazione delle nostre idee e del nostro modo di essere
Riunire attorno a noi un gruppo di persone o, in altri termini, creare la nostra community
L’inganno delle dinamiche online è che promettono di liberarci in eterno, quando in realtà la loro natura è mutevole.
La realtà è che dobbiamo liberarci da soli e non smettere mai di interpretare il contesto in cui agiamo, che cambia di continuo.
Sei non sei un content creator, non sei nessuno
Tra i miei contatti c’è ancora qualcuno che non crea contenuti, se non contiamo le condivisioni personali sui social. Di base si tratta di persone con uno stile di vita apparentemente stabile, con un posto di lavoro fisso e le stesse frequentazioni e gusti da una vita.
Credo che sia facile notare quindi come la creazione di contenuti abbia a che fare con la ricerca di una indipendenza lavorativa o economica, consapevole o meno, e con la volontà di esprimere delle caratteristiche personali a cui vorremmo dare più spazio e valore nella nostra vita reale.
Ecco quindi che i contenuti iniziano ad assumere una connotazione più profonda: insieme alle dinamiche online, promettono di liberarci e di regalarci quel sogno chiuso da tanto dentro di noi.
In fonda cosa ci vuole? Certo, un po’ di coraggio, ma con pazienza e costanza ognuno oggi ha i mezzi a disposizione per creare contenuti.
Ma i contenuti ci liberano davvero?
In un certo senso sì: quando non assolvono alla volontà di cambiare il nostro destino, possono essere una forma di espressione pari alla scrittura, al disegno o alla musica.
Il problema è quando decidiamo di fare contenuti tanto per farli.
Perché li fanno tutti e quindi sentiamo la necessità di non essere da meno.
Pretendiamo così la nostra fetta di attenzione e, se possibile, un’audience corposa.
Perché non ha senso diventare un content creator, oggi
In un mondo in cui siamo tutti creatori, abbiamo anche il tempo per essere spettatori?
È una domanda che faccio in primis a me stessa, che da sempre sono stata spettatrice e felice di esserlo.
Oggi, però, riesco ad esserlo di meno: tra gli impegni di lavoro, i progetti personali (e i contenuti), arrivo a sera sfinita, davanti a dieci pagine di libro che fatico a concludere, prima di addormentarmi.
Non è facile trovare il tempo per tutto, ma non è facile neanche trovare l’attenzione per le cose che ci interessano.
Questo toglie valore a noi come spettatori e anche a noi in quanto creatori di contenuti, perché abbiamo meno fonti di ispirazione, meno tempo per lasciar sedimentare le informazioni e meno tempo per riflettere.
In più, l’idea che ognuno di noi abbia realmente la possibilità di trasformare i contenuti in un’attività remunerativa è ormai una favola.
Come scrive Andrea Girolami ne L’Era della Monocultura, nella newsletter Scrolling Infinito (trovi il link più avanti):
Da un’analisi del sito Linktree emerge come il 46% dei creator a tempo pieno guadagnano meno di 1000 dollari l’anno. Spotify ha più di 11 milioni di artisti ma solo 57,000 tra questi guadagnano più di 10,000 dollari l’anno (lo 0,5%) e meno del 0,25% dei canali YouTube riesce a monetizzare i propri contenuti.
Obiezione: “Sì, ma ci sono anche dei creator che sono riusciti a trovare un proprio pubblico e a ottenere anche l’attenzione dei media tradizionali”.
Vero, ma questo è sempre più difficile.
I media tradizionali, così come le case di produzione o le case editrici, non hanno nessun interesse a scommettere sull’ignoto. Se lo fanno è perché già ci sono dei risultati.
Come ha raccontato Gianluca Gotto allo Storytelling Festival, prima di aver venduto 19.000 copie in autopubblicazione, essere stato primo in classifica su Amazon ed essere stato contatto da Mondadori, aveva già migliaia di visualizzazioni al suo blog.
Quanti creator di oggi possono dire lo stesso?
(Contando anche le disparità tra le piattaforme: avere migliaia di views su YouTube non corrisponde ad avere migliaia di ascolti su Spotify e così via…)
Siamo sicuri che ciascuno di noi riuscirebbe davvero ad avere un’audience disposta a pagare per i nostri contenuti?
”Ok, ma i contenuti sono anche un modo per trovare clienti.”
Dipende: sei disposto a sottostare all’algoritmo per attirare nuovi followers?
Se non lo sei, ho una buona e una cattiva notizia.
La cattiva notizia è che ci vuole tanto tanto tempo, pazienza, costanza ma soprattutto coerenza per attirare persone davvero interessate a ciò che hai da dire.
La buona notizia è che l’era dei contenuti algoritmo-friendly sta per finire.
Il motivo? Ci siamo un po’ tutti rotti le palle di consumare contenuti veloci, superficiali e spesso simili tra loro.
Sta iniziando una nuova era dei contenuti
Forse sarà un cambiamento inizialmente per pochi, ma sono sicura al 100% che quei pochi faranno la differenza.
Don’t be an influencer, don’t be a YouTuber, don’t be a Personal Brand.
Be you, but in a place where your work can be discovered, followed and supported.
Right now and for the foreseeable future, that’s on the internet.
Dan Koe - “The Death Of The Personal Brand (& The Future Of Creative Work)”
Questo cambiamento è già iniziato, ma non perderci nel processo è utile tenere a mente alcuni punti fondamentali:
La nostra bussola non è più l’algoritmo ma i nostri valori
La costanza e la coerenza battono la strategia ( è finita l’era dei “5 modi per…”)
I contenuti sono una conseguenza del fare. Sviluppa il tuo progetto, vivi la tua vita, fai cose fighe e condividile con gli altri
Troppe persone ricevono intrattenimento e poche trovano valore. Porta valore nel mondo e aiuta le persone a risolvere i propri problemi.
Come? Con la tua visione.
Una nuova definizione della parola “contenuti”
Letteralmente un contenuto è “ciò che è contenuto in qualche cosa”.
Il contenuto, in poche parole, ha bisogno di se stesso per definirsi.
Ha bisogno di una cornice, di un metodo, ma soprattutto di una sostanza.
Sarà quest’ultima a essere contenuta da qualcos’altro.
Ecco quindi la nuova definizione di contenuti: i contenuti sono la sostanza di quello che siamo, di ciò che facciamo e del valore che portiamo nel mondo.
Nei contenuti della nuova era non c’è più spazio per la strategia.
Non esistono “5 modi per” ma ci sono “milioni di modi per”, perché ognuno di noi avrà il suo modo.
Per fare contenuti non dovremo più avere un calendario editoriale ma dovremo FARE.
Dovremo dare forma a progetti ancora prima di creare contenuti.
I contenuti saranno il nostro specchio, in tutto e per tutto.
Qui scompare la forma verbale al futuro e inizia il nostro presente:
Per creare contenuti dobbiamo prima vivere.
Per creare questa newsletter cerco di prendere più spunti possibili dalla vita.
Quando do troppa importanza alle scadenze, finisce la magia.
La costanza è importante, ma ancora di più lo è la coerenza.
Essere coerenti in ogni forma di comunicazione che mandiamo là fuori: non solo con i post, ma anche con le risposte puntuali alle mail, con la gentilezza, portiamo agli altri nella vita gli stessi valori che professiamo nei vostri contenuti.
È finita l’era della superficie: benvenuti nell’era della profondità.
Le mie fonti ✨
•Questa settimana ho visto l’ultimo video di Dario Vignali. Mi ha letteralmente aperto la testa e ha dato il via a questa riflessione che oggi condivido con te
•Ho riletto la newsletter di Andrea Girolami, una vera e propria bibbia per chiunque voglia vivere di contenuti (come creatore e come spettatore)
•Ho trovato, per caso, mentre scrivevo questa newsletter, un video uscito un mese fa di Dan Koe
Ma ho anche:
•Preso più tempo per me stessa durante la giornata 🧘🏻♀️
•Iniziato a fare Journaling 📓
•Ricordato che ciò che amo fare lo so da quando sono nata, devo solo trovare il modo di portarlo nel mondo 🪸
Dove sono ora 🗺
Forse anche tu l’hai capito, sono alla ricerca del mio format.
Se hai qualche consiglio o feedback:
I contenuti possono essere davvero un modo per guardarci dentro, per questo non ha senso copiare cosa fanno gli altri.
Ti auguro un buon fine settimana, da creatore o spettatore.
Francesca
Bellissima newsletter! La citazione di Dan Koe e i 4 punti fondamentali mi sono piaciuti molto. Posso citarli nella mia prossima news?
Okkio, link al video di Dario è rotto, porta a quello di Andrea.